Bruno De Prato (ingegnere, giornalista e scrittore), pur essendo un ammiratore dell’opera dell’ing. Taglioni e quindi appassionato di Ducati (ha scritto molti libri sulla casa di Borgo Panigale), aveva qualche perplessità sull’efficienza telaistica della bicilindrica 750GT e Sport dei primi anni ‘70; in particolare non lo convinceva l’interasse particolarmente lungo (1560mm), la geometria di sterzo e la posizione troppo avanzata della ruota anteriore. Decise perciò di realizzare una special che ovviasse a queste criticità. Colpito dalla semplicità razionale dei telai monotrave tubolare (circa 12 cm di diametro) dello specialista svizzero Fritz Egli, che sino ad allora si era cimentato con vetusti motori a V della Vincent Black Shadow e che si stava affacciando nel campo dei motori giapponesi 4 in linea, riuscì a stabilire un rapporto di collaborazione con il telaista elvetico. Naturalmente il disegno del telaio si orientò alla soluzione dei difetti riscontrati sul telaio originale; alla fine si ottenne una moto più leggera, più compatta e più agile pur mantenendo le caratteristiche di stabilità sul veloce della moto originale: passo 1500mm, 27° di inclinazione del cannotto, avancorsa di 90 mm, distribuzione dei pesi 50/50. Forcella Ceriani e freni Campagnolo idroconici completavano la ciclistica. Il motore era un 750 SS affidato alle cure della NCR. Le sovrastrutture erano ispirate all’estetica della Harley Davidson XR 750 integrata da un cupolino Ducati 750/900 SS; la livrea era nera con filetti oro. Era nata la EAGLE DUCATI 1 che De prato utilizzò per un certo tempo come moto personale stradale. La moto fu battezzata EAGLE con riferimento agli adesivi che riproducevano il distintivo (la testa dell’aquila, eagle in inglese) della 101° Divisione Aviotrasportata (le celebri Screaming Eagles, Aquile Urlanti, protagoniste della 2° guerra mondiale e della guerra del Vietnam) applicati alla moto in ricordo di una esperienza giovanile di De Prato negli USA o forse per una certa assonanza con il nome del telaista. In seguito veniva proposto a De Prato di trasformare la moto in versione Endurance per gareggiare sotto le insegne dello sponsor Bulloneria Emiliana il cui titolare era Luigi Del Pane. Gli interventi furono abbastanza radicali: il motore di serie non era ovviamente competitivo e fu sostituito con un motore 900 SS con carter fusi in terra, imbiellaggi speciali, camme da competizione; la cilindrata era probabilmente di 900-950 cc (di questi motori speciali spesso non esiste documentazione e non tutti erano uguali fra loro) , con pistoni da 88 o 90 mm di diametro, rispetto ai convenzionali 86 mm utilizzati in quel periodo. Due esemplari di questi motori, in tutto ne furono costruiti cinque, equipaggiarono le moto del rientro di Mike Hailwood al TT nel 1978 e nel 1979. Era inoltre molto leggera: circa 150 Kg contro le altre Ducati che non erano mai al di sotto dei 180 Kg. La moto aveva i cerchi in magnesio, una gomma posteriore slick montata su un cerchio da 4x18” e un cerchio anteriore Denis Giuliano Campagnolaolo da 3,5x16” che calzava un pneumatico Michelin PZ2. Il freno Hydroconic fu sostituito con un più ortodosso impianto frenante a dischi Brembo; la forcella Ceriani fu sostituita con una Marzocchi come gli ammortizzatori. Fu realizzato un serbatoio di maggiore capacità e fu adottata una carenatura integrale; la livrea era azzurra, come richiesto dallo sponsor. In pratica della moto originale era rimasto solo il telaio. L’assistenza in gara fu affidata a Sergio Baroncini, ex pilota e meccanico esperto di meccanica Ducati. Il debutto avvenne nel 1978 alla 1000 Km di Misano, gara del campionato europeo Endurance. La moto, affidata alla coppia Venanzi/Natalini, si qualificò in prova al quinto posto preceduta da Ducati NCR e Honda RCB. Arturo Venanzi fece registrare il record sul giro in 1'28"6, mentre Lucchinelli con la NCR fece il suo giro più veloce in 1'28"8. Purtroppo dopo aver viaggiato tra il 5° ed il 6° posto la moto fu costretta al ritiro perché Natalini cadde alla curva del Carro. La moto fu portata in gara anche nel Bol d’Or di Le Castellet. Per questa gara fu approntato un forcellone speciale, realizzato da Massimo Tamburini, che consentiva di velocizzare la sostituzione della ruota posteriore. Purtroppo Venanzi, in questo caso in coppia con Graziano Rossi, cadde nel primo turno di prove, e fu sostituito dallo spagnolo Duran. In gara la moto non brillò particolarmente e comunque la sua gara finì alla 4° ora quando Rossi scivolò sull’olio perso da una Kawasaki. Qui finì l’avventura della Eagle 1 che probabilmente rimase di proprietà di Del Pane.
Nel 1980 l’ing. De Prato costruisce una seconda moto, denominata Eagle 2. Il telaio era molto più evoluto; aveva un forcellone a parallelogramma, probabilmente con l’intenzione di limitare gli effetti del tiro catena e le variazioni di interasse in frenata ed in accelerazione; per unire i due tubi, superiore e inferiore, nella parte posteriore erano state costruite delle piastre in ergal ricavate dal pieno con un foro centrale per il perno ruota e il relativo registro. Il serbatoio del carburante era fissato sotto il motore e costituiva parte integrante della carenatura. La benzina veniva mandata ai carburatori da una pompa elettrica. Il serbatoio supplementare posto sopra al tubo centrale del telaio serviva come piccolo deposito di benzina per alimentare i carburatori. Al motore, che aveva una corsa di 74,4 mm e un alesaggio di 90 mm, per una cilindrata totale di 950 cc. fu apportata dallo stesso De Prato una modifica un po’ “stravagante”. In pratica, pur essendo equipaggiate con il comando desmodromico, le teste furono convertite alle molle attraverso un albero a camme con alzata di circa 12,6 mm. L’albero fu disegnato dall’Ingegner Bocchi, il quale sosteneva che il motore Ducati bicilindrico sarebbe stato ugualmente competitivo anche senza il Desmo. A suo dire, infatti, era l’architettura del propulsore a garantire dei vantaggi, non il comando delle valvole. A tal proposito, ci fu anche un piccolo dibattito amichevole con l’Ingegner Taglioni, il quale sosteneva viceversa che il Desmo era fondamentale per la resa del motore. Fu montato un radiatore dell’olio che aveva richiesto una piccola modifica sotto il filtro, in modo da portare l’olio che va alle teste attraverso dei condotti esterni, anziché far passare l’olio internamente al motore. Il motore pare avesse un arco di utilizzo di ben 5000 giri, vale a dire dai 4500 ai 9500 giri, senza che emergessero particolari problemi di affidabilità. Ma la EAGLE 2 non gareggiò mai.
Belle foto della Eagle. Solo le due ultime sono della Eagle originale (Idroconico) e Marzocchi magnesium.
RispondiEliminaUn amico inglese , affiliato alla Ducati e Isola di Man, mi ha detto che erano un ventina di carter, ma non so quanto motore sono finito. C'erano qualchi con le ingrannagi tipo vecchio e a partire di 76 c'erano con la tipo nuovo stilo (come le ultime ducati).
Meravigliosi articoli, mi piacerebbe i telai speciale per i Ducati (come le Cobas, Tecfar, Egli)