mercoledì 26 febbraio 2014

LA DUCATI E LE AUTOMOBILI




 
Non molti sanno che la Ducati ha anche realizzato produzioni e prototipi legati al mondo delle quattro ruote e che alcuni costruttori hanno utilizzato meccaniche Ducati per la realizzazioni di autovetture.
Ho pensato di dividere questo “strano” argomento in due capitoli riguardanti rispettivamente la produzione Ducati e le realizzazioni esterne che hanno utilizzato motoristica Ducati.

1) LE REALIZZAZIONI A 4 RUOTE DELLA DUCATI

a) Il primo progetto documentato è del 1946 quando la Ducati aveva da poco ricominciato la produzione nel difficile tentativo di riprendere una attività normale, dopo i bombardamenti che avevano distrutto lo stabilimento nel 1944.
Nacque il progetto di un veicolo di 250 cc, spinto da un motore quattro tempi. La cosa assai curiosa è che il motore avrebbe dovuto essere un bicilindrico a “L“ di 90°, e il telaio portante era a tubi a traliccio.
Il progetto definiva anche la configurazione del veicolo: una berlina a due posti con motore e trazione anteriori e sospensioni indipendenti a barre di torsione. Nell’estate del 1946, nella sede milanese, venne realizzato il primo e unico prototipo. Di questo progetto, denominato “ DU4 “, esistono ancora alcuni disegni, mentre il prototipo, rimasto a Torino per lungo tempo, è ora proprietà di un collezionista privato. Il motivo per il quale i fratelli Ducati decisero di non procedere alla realizzazione del veicolo è riconducibile al fatto che ormai la produzione del Cucciolo era a pieno regime, quindi l’ idea venne scartata.

b) Nel 1960 Fabio Taglioni progetta e realizza per l’Osca dei fratelli Maserati un motore dotato di sistema desmodromico. La casa di San Lazzaro di Savena, chiese a Taglioni di realizzare un propulsore per una macchina da corsa, destinato alla Formula 1 quando la cilindrata massima ammessa era di 1500 cm3 (dal 1961 al 1965).
Il motore fu realizzato con una configurazione a otto cilindri a “V“, ma l’idea venne scartata, e così anche su questo ambizioso progetto cadde il silenzio.
In questo caso in ciascuna testa erano alloggiati due alberi a camme, disposti uno sopra l’altro. Quello di apertura era collocato superiormente e quello di chiusura subito sotto di esso. Su ogni valvola agivano due bilancieri a due bracci (uno sopra per farla sollevare e l’altro, inferiore e “rovesciato”, per richiamarla). Questo schema si è successivamente evoluto in quello che poi è stato impiegato di serie, semplicemente piazzando i due eccentrici di chiusura assieme a quelli di apertura, su di un unico albero a camme.
Il motore esiste ancora, ed è proprietà di Giorgio Monetti, che insieme a Leopoldo Tartarini, come abbiamo ricordato in altre occasioni, fece il giro del mondo in sella a una Ducati 175 TS.

c) Nel 1965, quando l’azienda era sotto il controllo delle partecipazioni statali, l’amministrazione delegato Giuseppe Montano decise di diversificare la produzione. Fu perciò concordata una collaborazione con la British Leyland per la produzione di una coupé molto apprezzata all’epoca, la Triumph Herald. Non si sa esattamente quante vetture vennero realizzate in Ducati, se mai ne fu realizzata qualcuna, che erano caratterizzate dalla scritta in corsivo
Fanny Lo Ducati Meccanica”, proprio sotto l’emblema Triumph. In realtà la Ducati avrebbe dovuto aprire uno stabilimento a Bari con il contributo della Cassa del Mezzogiorno ma il progetto fallì sul nascere e quindi è molto probabile che in realtà la Ducati si limitò alla sola importazione fino agli inizi defli anni '70 quando l'attività fu rilevata da Bepi Koelliker. Eppure l'operazione era partita con tutte le buone intenzioni furono infatti inviati per addestramento a Coventry una trentina di operai, tra cui Oscar Folesani che era già stato in Inghilterra per assistere le bicilindriche che la Ducati aveva approntato espressamente per Mike Hailwood.

d) Tra il 1979 e il 1984 la Ducati Meccanica, sempre in orbita di partecipazioni statali, era legata da un rapporto di collaborazione con l’azienda VM di Cento, in provincia di Ferrara. Nonostante le vittorie nei circuiti e la nascita del progetto Pantah, la dirigenza non credeva più nel prodotto motociclistico, fortemente danneggiato dalla fallimentare realizzazione dei motoveicoli paralleli 350 e 500. La Ducati divenne una azienda produttrice di motori marini e motori diesel per autotrazione, mentre il prodotto motociclistico fu relegato ad un ruolo da comparsa, con produzioni annue che non superavano le 1700 unità.
La Ducati produsse, su licenza VM, il motore turbo diesel 4 cilindri che equipaggiava alcune famiglie Alfa Romeo, e la produzione di questo motore continuò almeno fino al 1988, quando subentrarono i fratelli Castiglioni che salvarono lo stabilimento dalla chiusura.

d) L’ultimo capitolo delle produzioni quattro ruote in Ducati è storia più recente; in virtù del rapporto d’amicizia e collaborazione che esisteva, e esiste tutt’ora, con la Ferrari, la Ducati ha prodotto dal 1990 al 1992 propulsori otto cilindri realizzati a Maranello, ma destinati per la serie esclusiva della Lancia Thema, la 8.32, che montava appunto appunto un motore Ferrari, costruito a Borgo Panigale, in Ducati.

2) LE QUATTRORUOTE CON MOTORISTICA DUCATI.

a) Cronache degli anni ’50 riportano che la MOTOMECCANICA PIEMONTESE si cimentò nella costruzione di una vetturetta con motore Ducati 48.

b) Nel 1964 venne lanciata una nuova formula di monoposto propedeutiche, la Formula K, così chiamata perché la struttura del telaio era di ispirazione kartistica, ma le sembianze del veicolo la rendevano molto più simile a una vettura di Formula.
La Tecno, un'azienda famosa negli anni ’60 e ’70 per le gare di Formula 3 e Formula 2 che aveva rappresentato il punto di partenza per piloti famosi come Ronnie Peterson, Francois Cevert e Clay Regazzoni, realizzò il proprio progetto di questa nuova formula: nacque così la Tecno K250. La squadra “Corse Tecno”, fondata dai fratelli Pederzani nella prima metà degli anni ‘60, era una realtà appena nata proprio nelle vicinanze della Ducati, a Borgo Panigale, e alla quale si era unito un ex meccanico del reparto Corse Ducati, Renato Armaroli, che faceva parte, insieme a Franco Farné, Giorgio Nepoti, Rino Caracchi e Mario Recchia, della grande scuola dei meccanici specializzati Ducati.
Nel depliant dell’epoca, la Tecno K250 veniva descritta come una vetturetta monoposto equipaggiata con motori da motocicletta da 250 cc. Erano citate diverse marche fornitrici, fra le quali: Benelli, Aermacchi, Morini e Ducati. Fu proprio quest’ultima a diventare la fornitrice unica dei propulsori della monoposto, al punto che ancora adesso, alcuni collezionisti che posseggono gli ormai rari esemplari, l’hanno ribattezzata “Formula Ducati“.

c) DUCATI IN FORMULA SAE - La Facoltà di Ingegneria Meccanica dell’Università di Firenze ha realizzato una monoposto sperimentale dotata di un motore Ducati per partecipare alle gare del campionato Formula SAE, nata nel 1981, negli Stati Uniti. Questa formula si chiama così perché organizzata dalla Society Automotive Engineer. Ha quindi oltre 20 anni di anzianità e in questo lasso di tempo si è espansa in tutto il mondo. Nel 1998, infatti, è arrivata per la prima volta in Europa e più precisamente in Inghilterra, mentre nel 2005 ha fatto la sua prima apparizione in Italia. Lo scopo di queste gare, anche se non si tratta proprio di una competizione in senso classico, ma di un confronto a livello universitario, è quello di dare la possibilità alle singole facoltà, attraverso le loro risorse e conoscenze, di pensare, progettare, realizzare.
Il progetto della Facoltà di Ingegneria di Firenze è partito nel 2000. In realtà, in quell’anno si è semplicemente venuti a conoscenza dell’esistenza del campionato. Partendo dal presupposto che il regolamento tecnico prevede una cilindrata massima di 610 cc, si pensò al propulsore del Monster 600.
Dopo alcuni incontri con l’Ingegner Filippo Preziosi si è arrivati alla definizione del primo progetto che, una volta visionato in Ducati, è stato ritenuto valido, dando via libera alla fornitura del motore.
In un certo senso, dunque, è possibile affermare che la vettura è cresciuta intorno al motore, anche se poi quest’ultimo è stato sottoposto a una lunga serie di modifiche per meglio adattarsi all’uso cui era destinato.
Il regolamento SAE non prevede limiti di peso (la vettura della Facoltà di Ingegneria di Firenze non supera i 220 Kg con tutti i liquidi) mentre ne impone uno sulla rumorosità. Le emissioni acustiche del sistema di scarico non devono superare i 110 decibel a un regime identificato da una velocità media del pistone pari a 916 metri al minuto.
Innanzitutto il motore è stato dotato di doppia accensione, dopo di che è stato alleggerito internamente a livello di masse volaniche. L’impianto di aspirazione e alimentazione è stato completamente rivisto, dal momento che il regolamento della Formula SAE impone la presenza di un solo corpo farfallato e una strozzatura sul condotto di aspirazione del diametro di 20 mm.
Il vecchio 600 è stato dunque convertito all’alimentazione a iniezione elettronica, mandando in pensione i vecchi carburatori. Gli iniettori sono comunque gli stessi montati sulle Ducati di serie, mentre l’opera di messa a punto è stata portata avanti in collaborazione con Magneti Marelli, che ha supportato l’Università di Firenze fornendo il software di gestione della centralina, la quale può essere riprogrammata in base alle diverse necessità, vedi singolo iniettore, air-restrictor, scarico aperto ecc.
Grazie a loro si sono anche potuti verificare i risultati sia al banco frenato, per l’analisi statica, sia al banco inerziale per l’analisi dei transitori. Il responso ha confermato una potenza di circa 60 cavalli alla ruota.
A partire dal 2004, poi, Ducati ha fornito il più evoluto propulsore del Monster 620, già dotato di iniezione elettronica, ma caratterizzato da una cilindrata effettiva di 618 cc, superiore dunque a quella consentita dai regolamenti. La cilindrata è stata ridotta intervenendo sull’alesaggio.
Per l’impianto di scarico Termignoni ha costruito un 2 in 1 con silenziatore in fibra di carbonio realizzato su specifiche degli studenti.
Passando al telaio, questo conta su un intreccio di tubi (cosiddetto traliccio) d’acciaio ad alta resistenza, saldati tra loro in modo da formare una struttura al tempo stesso resistente, leggera e dotata delle giuste caratteristiche torsionali.
La cosa interessante è che una parte di questa struttura, e più precisamente la zona del roll-bar, è stata fornita da un’azienda che lavora anche per Ducati, la MT telai. Quest’ultimi hanno fornito sia i tubi che il servizio relativo alla loro piegatura.
Nel 2005 è stato approntato lo studio delle quattro ruote sterzanti, visto che il regolamento lo consentiva proprio a partire da quell’anno. Il sistema funziona elettronicamente dal momento che, se fosse basato su un principio meccanico, penalizzerebbe la macchina in termini di peso. In pratica, sempre secondo il regolamento, per questioni di sicurezza le ruote posteriori possono avere una sterzata massima di 3° gradi così, anche in caso di malaugurato bloccaggio, la vettura rimane comunque controllabile.
La vettura 2006, sarà caratterizzata da un’inedita scocca a struttura mista, parte in tubi e parte in fibra di carbonio.
Le gare di questa formula si svolgono secondo un procedimento specifico: durante le prove dinamiche di giro veloce il tracciato deve essere caratterizzato da una velocità media inferiore ai 60 Km/h, mentre durante la gara di endurance sono proibiti i sorpassi, se non in zone predefinite del circuito. Quest’ultima si corre sulla distanza di 22 Km ed è suddivisa in due manche da 11 Km con tanto di cambio pilota. Durante questa fase, tra l’altro, la macchina deve spegnersi e riavviarsi.

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